Il Ritorno del Bianco e Nero: regressione o progresso?

Prova ad immaginarti una tipica situazione di fine ‘800/’900, una città ad esempio; vedi le macchine passare, il chiasso di una società in via di sviluppo, persone che passano, vanno via, ritornano. Alcune ti guardano, come se fossi estraneo al loro mondo. In verità, stanno guardando in macchina, direttamente dentro al cinematografo. Se ti è successo tutto questo, vuol dire che hai ripensato inconsciamente a uno dei tanti filmati giunti sino a noi di quel periodo storico. A colori? Non di certo. Quel mondo lo hai visto in bianco e nero.
Pensandoci un attimo, è ancora più particolare l’immagine che sfiora la nostra mente quando pensiamo ad epoche ancora più remote alle due citate prima; prendiamo il Rinascimento; quadri, sculture, Raffaelli e così via. La nostra testa collega subito quella determinata epoca all’arte fiorente. Certo, ma come? Rigorosamente a colori, proprio perché tutte le fonti raffiguranti quel periodo ci sono giunte come tali.
Ecco che, dall’altra parte, l’800 ed il 900 ce lo hanno raccontato le fotografie bicolori, vecchie, assieme, più tardi, ai primi film della storia del cinema. Un mondo che quindi immaginiamo in quello stesso modo; piatto, bianco e nero. Questo per dire che, nella nostra cultura, il B&N è per forza associato al cinema “antico”, da quello primitivo passando per il cinema americano classico, arrivando infine agli anni 50/60, periodo del vero avvento del colore.
A differenza di quanto avvenne con il sonoro, questo cambiamento ebbe poco impatto sul modo di fare cinema; c’è chi continuava a preferire “l’antico”, chi usava il colore come spettacolarità e chi altro che sperimentava. Fatto sta che il bianco a nero non se n’è mai andato dal cinema; basti pensare ai nostri Fellini e Pasolini, per citarli solo due.
Alla lunga, ovviamente, il colore prevalse perché era più efficace nei film che andavano per la maggiore (per esempio i colossal). Costò anche sempre meno e divenne uno dei modi con cui il cinema provò a tenere testa al crescente affermarsi della tv.
Specialmente negli ultimi anni, però, abbiamo assistito ad un graduale ritorno al bianco e nero; da pellicole autoriali come The Lighthouse o Macbeth, fino a quelle più sentimentali con Belfast o C’mon C’mon, il cinema sembra voler fare un passo indietro. È proprio questa la domanda; si tratta di una regressione o di un progresso?
Partiamo da una piccola analisi sulle funzioni del cinema “bicolore” (che poi, chiariamoci, bicolore non è). Il bianco e nero viene spesso usato per rievocare il passato in modo piuttosto semplice (Belfast ne è un esempio), proprio facendo riferimento a quel pregiudizio culturale dell’”antico” come privo di colori.
Altre volte, il bianco e nero è usato per rendere visivamente certe distinzioni, che possono essere quindi il ricordo, il sogno, l’incubo, la fantasia o anche personaggi. Per esempio, nello spiegare perché scelse di rinunciare al colore per Schindler’s List (tranne che per il cappotto rosso), Steven Spielberg disse: «l’Olocausto era vita senza luce. Per me il simbolo della vita è il colore. Un film sull’Olocausto doveva essere in bianco e nero».
Abbiamo inoltre il bicolore che viene utilizzato per omaggiare un determinato periodo storico; è il concetto dietro a “The Artist”, che altro non fa che riprendere il cinema degli anni ’20 in tutto e per tutto, quindi anche con il tipico Black & White.
La funzione che però, almeno secondo me, più caratterizza questo stile è il puro elemento estetico; esso permette infatti di agire per sottrazione e attirare l’attenzione su luci e ombre, ma anche su forme, linee ed espressioni dei volti.
Non tutto, quindi, deve avere un significato; si tratta soprattutto di una scelta d’immagine, tant’è che da qualche anno vi è una piccola tendenza a pubblicare nuove edizioni di film a colori in bianco e nero. Parasite, Mad Max; Fury Road, Logan e Justice League, tra i tanti. Il perché di questa scelta? Direi, ancora, puro fattore estetico o, nel caso di Bong Joon Ho, per fare un po' i sofisticati;
(ironicamente) «forse è solo vanità, ma se penso ai classici sono tutti in bianco e nero, quindi ho pensato che se facevo diventare in bianco e nero i miei film, allora sarebbero diventati classici».
Ecco che quindi ritorniamo al punto della questione; il bianco e nero è un progresso del cinema? Ha qualche valore in più o è semplicemente un cinema che, mancando di originalità visiva, si rifugia nel proprio passato? Credo siano più cose contemporaneamente; il bicolore di oggi non è ovviamente lo stesso degli anni 40. Sono cambiate le tecniche e le possibilità visive. Fatto sta che il cinema in bianco e nero è parte della sua essenza e, in un’epoca dove il colore cinematografico è più brillante del colore reale, dove le tecnologie hanno raggiunte vette altissime che sembra quasi impossibile raggiungerne di più alte, è normale fermare il passo e ricercare un’originalità espressiva non in avanti nelle novità, ma indietro, reinterpretando una pratica già comune.
Inoltre, questo nuovo tipo di cinema ha successo proprio perché un film è di per sé straniamento, distrazione, fantasia. Ci rimanda ad un qualcosa verosimile, quindi non necessariamente vero. Ecco che quindi un mondo in bianco e nero ci cattura per la sua diversità rispetto al nostro. Ci affascina, perché se andare in sala significasse osservare la vita di tutti i giorni e la realtà così come si presenta, i botteghini sarebbero a secco da tempo.
Il nuovo cinema in bianco e nero è quindi una riscoperta della “semplicità” a fronte del cinema odierno ormai arrivato ad un apice dal punto di vista visivo e che, proprio per questo, tra non molto potrebbe affacciarsi su una discesa, una crisi interna, una “fine di idee visive”. Ecco che il Black & White sembra come un sintomo di un problema che verrà, di un rifugiarsi nel passato perché le novità iniziano a scarseggiare.
Così, cercando il nuovo nel vecchio, questo cinema è sia progresso che regressione, tendendo inevitabilmente verso la stasi, verso un cinema che colpisce inizialmente, sì, ma non a lungo andare. Siamo spettatori sempre in cerca di meraviglia e questa sarà probabilmente la condanna del cinema, che prima o poi non riuscirà più a fare passi avanti. Ecco che lo stupore di quelle persone a fine 800, con i loro timidi sguardi in macchina, verso una cosa così semplice ma innovativa come il cinematografo, sembra un sogno lontano, quasi una barzelletta per noi, spettatori di oggi, abituati a guerre spaziali in 4k.
@riproduzioneriservata di Andrea Leandri