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The Killer: la recensione in anteprima

David Fincher torna nei cinema a distanza di tre anni, con un film che, in Italia, sarà

disponibile a partire da Venerdì 10 Novembre su Netflix, saltando direttamente l’uscita nei cinema.


Michael Fassbender è "The Killer" nel film


Questa volta, il regista di Fight Club indaga il lavoro di un killer e la sua psicologia, portandoci in una catena di eventi che sfuggiranno sempre di più al controllo del protagonista. Era da Se7en che Andrew Kevin Walker non collaborava con Fincher. Quasi 30 lunghissimi anni durante i quali il regista americano si è fatto un nome, una carriera, uno stile. Tante aspettative (ma in Italia nemmeno così tante) per un film che doveva farci sognare. E lo ha fatto, ma a metà.


Da una parte, la tecnica che rimane altissima: una regia intoccabile, un Fassbender mimetico, il

tutto contornato da una fotografia pulita, ma che sa anche “sporcarsi” quando ce n’è bisogno. Gli

altri attori però passano in sordina, con una Tilda Swinton piuttosto anonima. L’abilità di Fincher si vede in molti punti, partendo sicuramente dal voiceover: “Stick to the plan, don’t improvise, anticipate”. Tre mantra che si ripetono per tutto il film, contrapponendosi pian piano alle azioni sempre più personali del killer.


Un frame dal film


La scena più interessante dell’intera pellicola è sicuramente quella iniziale: è un climax di emozioni, in cui Fincher dimostra tutta la sua abilità di regista. Un perfetto alternarsi di calma, tensione e sorpresa. Un intreccio perfetto, che però non dura. Di pari passo, anche la mania del controllo va a scontrarsi con la tendenza della trama. Il battito cardiaco registrato dallo smartwatch peggiora, diventa quasi inutile, tant’è che, prima di battersi con il colosso nella baia sul lago, lo lascia in macchina. È un punto di non ritorno. In tutto questo, il viaggio rappresenta una grandissima parte del film.


Nessun flashforward: il pubblico viaggia con il killer, vive la sua paranoia e le sue tattiche per disperdere le prove. Se lasciamo da parte gli aerei in CGI, nel complesso, il vero problema è da un’altra parte. È sul piano narrativo che le cose vanno a complicarsi: l’intera pellicola è divisa in capitoli, rendendo la trama molto selettiva, frammentata, che si sposa male con la tensione che il film cerca di generare. Se nella prima parte si rimane incantati dalla sceneggiatura di Walker, nella seconda si inizia forse a sbadigliare. E per un preciso motivo. Il film tende a ripetersi: lo stesso concetto viene estremamente riaffermato più e più volte, creando prima un effetto interessante, poi un senso di “piattezza”.



Tanta carne al fuoco nella prima parte che poi viene lasciata così, a “raffreddarsi”. Allo stesso tempo, alcune parti vengono completamente tralasciate. Il background del protagonista è interamente omesso, la natura dell’organizzazione di cui fa parte rimane ignota e la sua relazione con gli altri personaggi è solo abbozzata. Questo si vede specialmente nel personaggio della ragazza, il cui pestaggio rappresenta una parte importante nel film. Non sappiamo minimamente chi lei sia, ma il film le dà un’importanza non da poco: lei è l’unica persona a cui “The Killer” tiene veramente.


Non un dettaglio che si può semplicemente “saltare”. Il punto è che c’erano tutte le premesse per un altro capolavoro di Fincher e lo vediamo proprio nella prima ora, che fa sperare in un qualcosa che invece poi non si conclude. Il finale banale, chiuso in qualche minuto, lascia increduli, ma per i motivi sbagliati.


È un film il cui messaggio rimane incerto. La caduta di un uomo? La prova che il karma non esiste? Tutto è possibile, ma in un senso più ampio nulla rimane, nulla viene affermato con fermezza. Fincher forse ha fatto un passo falso, ma non ha perso assolutamente nulla: il suo stile c’è, e guardando questo film capiamo cosa il maestro ha imparato da quel lontano 1995. “The Killer” rimane solo una grande, grandissima possibilità non sfruttata appieno.



@riproduzioneriservata di Andrea Leandri

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